Quale futuro per le cooperative sociali?
Ne hanno discusso al convegno “Cooperazione sociale e impresa sociale in Trentino Alto-Adige: quali prospettive dopo la Riforma del Terzo Settore”. Un breve riassunto di quelle che sono le principali novità della riforma e di cosa comporta per le cooperative sociali dell’Alto Adige.
di Alex Baldo
Venerdì 24 novembre si è tenuto a Trento presso la sala della Cooperazione il convegno organizzato dalla Regione Trentino Alto Adige, le due Province autonome in collaborazione con le associazioni di rappresentanza delle cooperative, tra cui anche Coopbund, sul tema “cooperazione sociale e impresa sociale in Trentino Alto-Adige: quali prospettive dopo la Riforma del Terzo Settore”. Tra i relatori, il Prof. Antonio Fici, l’avv. Luciano Gallo e la ricercatrice dott.ssa Chiara Carini che hanno potuto offrire numerosi spunti e prospettive sul futuro della cooperazione sociale in regione.
La riforma del terzo settore: Quali vincoli e opportunità per le cooperative sociali?
La riforma entrata in vigore la scorsa estate ha riconosciuto dal punto di vista legislativo gli enti del terzo settore identificando le forme giuridiche che possono svolgere attività di interesse generale godendo di determinate agevolazioni. Il decreto legislativo 117/2017 denominato codice del terzo settore in realtà non innova nulla rispetto al passato, ma fa ordine e disciplina in maniera chiara i sette enti che possono far parte del terzo settore. Questi enti sono:
- le organizzazioni di volontariato
- le associazioni di promozione sociale
- gli enti filantropici
- le imprese sociali
- le reti associative semplici e nazionali
- le società di mutuo soccorso.
La riforma regolamenta in modo più chiaro l’impresa sociale con l’obiettivo di rilanciare questa particolare forma di impresa. La riforma stabilisce che tutte le cooperative sociali sono imprese sociali di diritto. Questo ha creato non poche perplessità nei cooperatori dal momento che se le altre categorie di enti possono decidere se entrare o meno nella disciplina del terzo settore, per le cooperative sociali questo ingresso opera automaticamente.
Se da un lato questo può creare un certo dissenso, dall’altro è fondamentale ricordare che le cooperative sociali non devono fare nulla per divenire impresa sociale, ma come enti del terzo settore dovranno comunque sottostare a determinati oneri. Si ricorda in particolare l’obbligo della redazione del bilancio sociale per enti con ricavi, rendite, proventi superiori ad 1 milione di euro, nonché i vincoli di retribuzione dei dipendenti disciplinati all’articolo 16 del codice del terzo settore.
Al di là di questi nuovi vincoli, la cooperativa sociale – impresa sociale di diritto – potrà godere di numerose novità già in fase di recepimento da parte della normativa regionale. Si ricorda in questo senso l’ampliamento delle attività per le cooperative sociali di tipo a) che potranno esercitare anche attività sociali e sanitarie, diversamente da quanto previsto in precedenza.
L’impatto sulla cooperazione sociale in Trentino Alto-Adige
Alla luce delle numerose novità introdotte dalla riforma, il convegno ha, inoltre, approfondito il tema dei possibili futuri sviluppi della cooperazione sociale a livello regionale. Com’è noto, il livello d’autonomia locale permette di disciplinare in maniera diversa alcuni aspetti avendo una piena autonomia legislativa in materia di sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative.
In questo senso è emersa la volontà di garantire una certa distintività alle cooperative sociali affinché risultino garantiti i pieni valori della cooperazione. Il codice del terzo settore all’articolo 55 enuncia delle interessanti proposte per garantire una maggiore vicinanza tra enti del terzo settore e istituzioni pubbliche. Vengono introdotti i concetti di coprogrammazione, coprogettazione e accreditamento. La coprogrammazione ha lo scopo di censire i bisogni territoriali con l’obiettivo di istituire dei regolamenti generali che possano mappare le necessità locali di interesse generale. La coprogettazione ha l’obiettivo di coinvolgere gli enti privati nelle politiche sociali attive; gli accreditamenti hanno infine l’obiettivo di garantire che il singolo bisogno possa essere soddisfatto dall’ente che è risultato più adatto.
Alla luce di queste novità sarebbe più che mai importante che anche a livello regionale si possa dare particolare rilievo a questi nuovi sistemi di gestione dei bisogni. Questo per riconoscere più garanzie alle cooperative sociali e permettere un‘efficiente gestione delle necessità, senza rincorrere di volta in volta le singole emergenze.
Le proposte per il futuro
Il tavolo di lavoro che si è riunito nel pomeriggio del convegno ha avuto l’obiettivo di aprire i lavori di riforma della legge regionale 24/1988 sulla cooperazione sociale. I partecipanti al tavolo – rappresentanti delle due province, delle associazioni di rappresentanza, moderati dal prof. Carlo Borzaga – hanno sottolineato in maniera concorde la necessità di regolamentare la cooperazione sociale in regione in maniera innovativa e all’avanguardia rispetto al resto d’Italia.
Si è affrontato il tema dell’importanza di avere una governance inclusiva per garantire una rappresentanza effettiva dei lavoratori all’interno della cooperativa alla luce anche delle recenti novità introdotte a livello nazionale. Altro tema affrontato è stato quello della possibilità di eliminare il divieto assoluto di distribuzione degli utili, presente oggi per le cooperative sociali. In questo senso se da un lato parte dei relatori auspica una parziale eliminazione di tale divieto, altri ritengono che il divieto di distribuire gli utili debba restare almeno per i soci cooperatori.
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